Conversazione a cura di Luigina Sgarro – Partner yourHR
Ciao Sabrina, sei una donna con molte esperienze professionali di rilievo, quali diresti che sono state per te le tappe più significative?
Senza dubbio le prime esperienze nel marketing presso aziende molto prestigiose, ma ancor più determinante la scelta di entrare in consulenza aziendale. Sin dall’inizio sentivo l’esigenza di non seguire un percorso di forte specializzazione funzionale, volendo capire le logiche di diversi settori di business e fare esperienza internazionale. Alla fine degli anni Novanta, quando io ho iniziato, andava di moda essere il “guru” di qualcosa, e marketing o finanza andavano per la maggiore… Io invece ho scelto di fare tanta gavetta in Consulenza aziendale, ma poi l’investimento fatto mi ha dato un approccio d’innovazione e una forma mentis “per progetti” che ho portato in tutte le aziende in cui, con ruoli molto diversi, ho avuto l’opportunità di crescere. Tra tutte, cito Eni perché è un nome che nel nostro Paese ancora significa molto.
Sei anche una persona con una vita piena di interessi, se volessi descrivere il tuo percorso personale, cosa mi diresti?
La vita personale ha sempre avuto per me molta importanza, e per questo ho cercato di creare spazio sia per una crescita personale, coltivando i miei interessi con una seconda laurea, ma anche facendo la scelta di costruire una famiglia. Ambivo insomma a realizzare un work-life balance che nei primi anni davvero mi è stato impossibile traguardare, peraltro vent’anni fa questa aspirazione era poco condivisa… C’erano gli yuppies nella memoria collettiva, e tutti i manager più o meno si ispiravano a quell’archetipo.
Oggi forse le cose stanno cambiando, e anche le imprese capiscono che i manager più motivati sono quelli più realizzati anche fuori dall’ambito strettamente professionale… Le organizzazioni più innovative dedicano sforzi quasi in chiave di Corporate Social Responsibility “interna”, a favore dei propri dipendenti. Trovo che questo alla lunga porterà risultati a tutto l’ecosistema imprenditoriale, e spero davvero che diventi un trend. C’è un nesso forte tra questi temi e il modello imprenditoriale della Triple Bottom Line di John Elkington, oggi perseguito dal progetto Global Compact delle Nazioni Unite attraverso UNCTAD.
Non tutti sanno che cos’è un Chief Executive Officer e le interpretazioni sono varie. Se dovessi spiegare a una nonna che cos’è YourCEO, che cosa le diresti?
Parlando alla nonna, le direi che il CEO è come il cuoco. Non solo conosce perfettamente le ricette, ma cura anche l’esecuzione che ne fanno i suoi aiutanti… Ed è alla fine il responsabile di tutto quanto accade nel suo ristorante. Fuor di metafora, il CEO per me è un hub dove convergono competenze, obiettivi e approcci spesso anche in competizione tra loro all’interno dell’azienda. Ogni business model è la risultante unica del mix che il CEO sceglie di adottare.
Essere un CEO fractional vuol dire affiancarsi a un’impresa che in un momento di ripensamento o comunque di cambiamento, ha necessità di coinvolgere una persona dotata di competenze forti nel pilotare un certo percorso di crescita.
Come sei approdata a YourCEO e perché hai fatto la scelta di unirti a questo team?
A quasi vent’anni dalla laurea, e dopo tanti anni in azienda, ho sentito il bisogno di rimettermi a studiare, per aggiornare le mie competenze e poter comprendere appieno le logiche di business della rivoluzione digitale in atto… Terminato l’Executive MBA, sono tornata alla consulenza, il mio vecchio amore per così dire! Desideravo tornare a supportare le aziende nella crescita, con competenze aggiornate e orientamento all’innovazione. yourCEO è la risposta più attuale al bisogno delle imprese di avvalersi di manager esperti, perché ha un modello pensato per assecondare la domanda di capacità manageriali espresse anche da imprese di medio-piccole dimensioni, dove le big five tipicamente non hanno il loro core business.
A parte questo aspetto strategico, mi ha convinto il modello valoriale di yourGroup. Un network che aggrega professionisti che sottoscrivono una Guideline etica, non si incontra tutti i giorni!
Prima di intraprendere qualunque avventura si cerca di capire su che cosa si può contare e quali sono i pericoli. Quali sono, a tuo avviso, le risorse principali e le criticità più comuni delle aziende italiane oggi?
Gli asset sono certamente quelli portati dalla forte “presenza” dell’imprenditore, che spesso è sia innovatore che fondatore. Valori e conoscenza del mercato di riferimento sono la base del successo. Le sfide sono in un certo senso il rovescio della medaglia di questo modello, perché soprattutto nei settori ad elevata tecnologia e struttura competitiva globale, l’imprenditore può sentire il bisogno di rafforzare la propria squadra inserendo risorse executive esperte, magari in modalità fractional. Anche l’internazionalizzazione, specie in mercati lontani come il Far East, può presentare complessità culturali e operative, e anche richiedere livelli di investimento molto sfidanti, che rendono necessario aprire l’azienda a stakeholder diversificati.
Ognuno porta un patrimonio di unicità, quale diresti che è il tuo tratto distintivo come leader e come professionista?
Non è politically correct, lo so, ma pur essendo attenta nell’ascolto, non sono una persona conciliante. Se ho elementi per pensare che una scelta debba essere fatta, lo affermo. Nel breve talvolta non paga, ma alla lunga ho raramente sbagliato. Chi si assume responsabilità, sa quale peso deve portare… La visione di lungo periodo, insieme alla franchezza nel confrontarsi, sono un bene su cui le aziende evolute sanno poggiare la propria crescita.
Complessivamente, direi che mi contraddistingue un atteggiamento profondamente strategico, per cui assumo decisioni che si riveleranno utili nel lungo, anche se comportano ripensamenti e creazione di nuovi assetti operativi. E ho molta sensibilità ai temi della reputation e della comunicazione strategica quali leve per la creazione di valore dell’equity.
Siamo anche quello che lasciamo: come ti piacerebbe che le persone con cui hai lavorato e lavori parlassero di te?
Tendo al perfezionismo, altro mio difetto… Molte volte ho pensato che avrei potuto fare meglio. Poi però, anche a distanza di molti anni, i rapporti si sono sempre rivelati positivi. Addirittura trasformandosi in amicizie, e questo è un arricchimento incredibile.
Quali sono le competenze che, a tuo avviso, non dovrebbero mai mancare in un’impresa di successo?
Tutte quelle soft! Che non sono la carineria… etc, ma la capacità di ascolto (strutturato), la volontà di mediare e di accogliere le differenze. La capacità di aprirsi all’ecosistema produttivo, sociale e ambientale, condividendo valore e restituendolo secondo una logica circolare – ancora una volta, cito Elkington. L’innovazione fatta ogni giorno nelle piccole scelte, che guardano a un futuro più sostenibile ed etico. Le altre competenze, quelle hard, tecniche per intenderci, pur decisive, però forse ormai sono assimilabili a commodities…
Se dovessi scegliere tre opere d’arte da portare su un’isola deserta, quali sceglieresti?
Sono appassionata d’arte, e questa domanda mi mette in crisi!! Però forse sceglierei Lucio Fontana, i suoi Concetti spaziali hanno la potenza di visione creatrice… Non tralascerei la Nascita di Venere di Sandro Botticelli, che rende accessibile a tutti la bellezza, che diventa così un fatto umano e non più solo ideale divino… E infine Guernica di Pablo Picasso, per ricordarci ogni giorno il male del mondo da noi stessi generato.