di Gianluca Bressan, Associate Partner yourCEO
Rileggiamo insieme 5 pensieri espressi in secoli diversi per sostenere la necessità di adottare in un immediato futuro scelte strategiche e nuovi modelli di business.
Non c’è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.
(Lucio Anneo Seneca, 4 a.C. – 65 d.C.)
Parto dalla frase di un filosofo vissuto 2000 anni fa che però definiva una regola universale: per arrivare a raggiungere un obiettivo, prima di tutto, dobbiamo definirlo bene.
E, secondo me, un elemento che conta sempre di più al giorno d’oggi è avere dei dati chiari di dove siamo. Una strategia richiede un obiettivo chiaro ed un punto di partenza certo: sostenuto da analisi già fatte per pianificare meglio un futuro cambiamento.
Tornando alla frase di Seneca, sicuramente il vento potrà essere favorevole ed aiutarci a raggiungere l’ipotetico obiettivo, ma dovremo aver studiato gli eventi precedenti ed il posizionamento attuale dell’azienda sul mercato per poter prevedere alcune conseguenze ed i risultati derivanti da una scelta strategica.
Infine l’obiettivo deve essere ben definito dall’imprenditore o dal Top Management e comunicato ai necessari sponsor per ottenerne il supporto e la fiducia.
I leader stabiliscono la visione del futuro e fissano la strategia per arrivarci.
(John P. Kotter, autore di “LeadingChange” – HBR – 2012)
Questa frase di Kotter mi aiuta a ribadire un pensiero che spesso mi ha mosso a fare cambiamenti a livello personale e propormi come leader determinato in innovazioni che potevano sembrare “eccepibili”.
Una strategia non deve essere solo una visione, deve avere un fine preciso, ottenibile.
Non è necessario avere tutti la visione, è necessario però che ogni attore che costituirà la componente esecutiva capisca il cosa, il come e specialmente il perché si richieda uno sforzo per cambiare lo stato dell’arte ed ambire ad un miglioramento che oggi non risulta a tutti come facilmente raggiungibile.
La differenza fra strategia ed “execution” risiede nell’inizio, nella visione, ma poi le due diverse modalità di azione devono diventare una solo idea e questa deve essere condivisa.
La strategia richiede riflessione, la tattica richiede osservazione.
(MaxEuwe, matematico e scacchista – 1901 – 1981)
Come dice bene Euwe, non basta aver speso tempo ed energie nel pensare ad una strategia innovativa e vincente, si deve continuare ad osservare i vari momenti di sviluppo delle azioni che si sono intraprese per raggiungere l’obiettivo strategico.
Come scriveva sul tema Andrea Mastrorilli, collega yourCEO, qualche settimana fa, una buona strategia si basa su un numero determinato di punti da sviluppare (non troppi), su di un titolare che abbia la delega ed abbia chiarezza della sua responsabilità nello sviluppo del punto e di uno strumento di controllo, magari basato su dati e sui giudizi di un comitato.
I possibili punti da sviluppare, le aree di miglioramento su cui lavorare, i cambiamenti di processo da adottare, devono essere più di uno, perché non si deve rischiare di puntare “tutto sul rosso”, ma non devono essere discordanti, cioè devono guardare tutti ad un obiettivo strettamente correlato alla visione.
In pratica si deve evitare di puntare il 50% sul rosso ed il 50% sul nero, perché otterremmo di mantenere il 100%, al casinò, ma in azienda sarebbe un rischio di perdita.
E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.
(Albert Einstein, 1879 – 1975)
La strategia risulta necessaria, a fronte di momenti come quelli che oggi viviamo. La visione del futuro non è mai stata così incerta da quasi un secolo a questa parte.
Il mondo deve reagire umanamente, socialmente ed economicamente.
Alle aziende servono strategie che non sconvolgano completamente il ciclo produttivo e l’esperienza accumulata. Vi saranno grandi innovazioni, e dopo il grande sforzo della scienza e della medicina per superare questo momento, sono sicuro che le aziende potranno aver usato questo momento per focalizzare le riflessioni su nuove strategie che richiedono più tempo e che le aiuteranno ad affrontare alcuni cambiamenti non prevedibili solo pochi mesi fa.
Con rispetto dei temi centrali in questi giorni e dell’importanza di seguirne gli sviluppi, per concludere il mio intervento sul collegamento fra strategia e modelli di business, desidero portare un esempio “del decennio scorso”.
I pragmatici sono più interessati alla risposta del mercato a un prodotto che al prodotto stesso.
“… pragmatists are more interested in the market’s response to a product than in the product itself. …When pragmatists buy, they care about the company they are buying from, the quality of the product they are buying, the infrastructure of supporting products and system interfaces, and the reliability of the service they are going to get.”
(Geoffrey A. Moore, autore di “Crossing the Chasm” – 1991)
Se un’azienda XYZ ha sempre venduto materiali / prodotti (c.d. semilavorati) integrabili in una soluzione/ prodotto finito che è venduto sul mercato al consumatore finale, è logico che abbia seguito un modello di business tipico del B2B, business to business, da azienda ad azienda, interfacciando distributori e/o rivenditori, produttori etc.
Se quest’azienda XYZ si trova in un mercato in cui il suo prodotto è facilmente sostituibile sulla base del prezzo, potrebbe intraprendere una strategia di riconoscimento del marchio, per ritagliarsi una fascia di mercato di clienti più esigenti ed in grado di comperare ad un prezzo più alto.
Per raggiungere questo obiettivo potrebbe fare emergere il suo marchio sui social, intercettando l’utente finale, il cliente che compera il prodotto finito, attraverso referenze di installazioni di successo e “testimonial”. Questo potrebbe comportare la modifica di piani e programmazione marketing verso un modello B2C, cioè diretto al consumatore finale.
L’azienda XYZ potrà dover cambiare il suo approccio alla comunicazione con i clienti.
Una scelta tipica di questo nuovo approccio è l’implementazione di un sistema di CRM (CustomerRelationship Management) che tracci non solo gli attuali e futuri clienti B2B, ma anche i possibili clienti finali per intercettare i loro bisogni ed informarli direttamente sulle novità e le caratteristiche diversificanti del loro prodotto contenuto nella soluzione finale che loro stessi trovano in commercio.
Questa strategia può trasformare un utente che compra ciò che trova in negozio in un utente che chiede ciò che riconosce come migliore sulla base della sua valutazione e di quella degli utenti dei mezzi di informazione più utilizzati oggi (Instagram, Pinterest, Facebook, etc.).
Il nuovo modello di business dell’azienda XYZ dovrà essere supportato da maggiori investimenti di tipo digital marketing e promozione. Questi investimenti seguiranno piani e programmi diversificati sulla base di analisi geo-localizzate ed adeguate ai potenziali clienti ed alla sinergia con i piani di sviluppo B2B già attivi.
Il successo della strategia dovrebbe portare il venditore dedicato al B2B a raggiungere con maggiore facilità il suo target e l’azienda XYZ ad affrontare possibili sviluppi di prodotto in aree geografiche e in mercati verticali inesplorati.
I maggiori costi di vendita e di marketing saranno coperti nel medio termine dai margini garantiti dall’aver anticipato la concorrenza attraverso una scelta strategica nell’approccio al mercato ed al modello di business.
Finalmente, ringrazio Geoffrey A. Moore che nel 1991 ha scritto “Crossing the Chasm”, anticipando il tema dell’importanza dell’innovazione e del momento in cui adottarla per costituire un esempio da seguire, fino a divenire uno “standard de facto”.
Lo “standard de facto” che oggi sicuramente inseguiamo è la salute, ed è in mano alla nostra serietà, a medici e scienziati, ma il nostro lavoro professionale e le nostre scelte strategiche possono costruire un futuro migliore per tutti.