di Federico Uslenghi, Associate Partner yourCEO
Il termine industria 4.0 ha da poco compiuto 10 anni: utilizzato per la prima volta nel 2011 è ormai da tempo entrato a far parte del linguaggio comune e dei temi all’ordine del giorno in azienda. Ma il fatto che se ne parli molto e che sia un termine conosciuto, non implica che se ne conosca sempre e davvero la portata e che le opportunità offerte dalla tecnologia e dai piani di incentivo, siano effettivamente utilizzati al pieno delle loro potenzialità.
Nel 2011 alla fiera di Hannover viene annunciato per la prima volta il piano tedesco Industrie 4.0 che ambisce a costruire l’industria tedesca del futuro prevedendo investimenti in aziende, infrastrutture, ricerca, energia e scuole. La fabbrica tradizionale diventa smart grazie alla disponibilità, a costi accessibili di sistemi di connessione e di raccolta e analisi dei dati. Molte nazioni seguono l’approccio tedesco e promulgano piani di incentivo e sviluppo compresa l’Italia che nel 2016 annuncia il piano Impresa 4.0 che prevede il supporto agli investimenti in beni attraverso i meccanismi dell’iper e del super ammortamento ed al credito di imposta per la Ricerca. Da allora le tecnologie abilitanti l’industria 4.0 si sono sviluppate velocemente, il termine è diventato di uso comune e le misure italiane di sostegno sono state rinnovate. A dimostrazione della velocità di evoluzione ma anche a sottolineare l’intento strategico del piano questo è stato rinominato Transizione 4.0 con il lancio del sua programma triennale 2020-2022.
Il termine è in uso da anni, il suo significato e la sua portata ben noti, dissertati e condivisi, il piano di incentivi è in essere da tempo e ampiamente utilizzato. Lo dimostrano i numeri: secondo l’Osservatorio Transizione Industria 4.0 (1) della School of Management del Politecnico di Milano il mercato italiano dell’Industria 4.0 è cresciuto nel 2020 dell’8% rispetto all’anno precedente assumendo un valore di 4,1 miliardi con un outlook positivo di crescita a 4,5 miliardi per il 2021. Inoltre una azienda manifatturiera su quattro ha almeno un progetto attivato.
Ma la transizione cui tutto ciò fa riferimento è davvero in atto in azienda? Su questo fronte la situazione è molto più a macchia di leopardo con un’ampia gamma di livelli di adozione: dalle eccellenze (numerose le aziende italiane di riferimento, interessanti come benchmark i partners del GLN Global Lighthouse Network (2)) fino alle imprese che ancora non si sono cimentate in progetti 4.0 passando attraverso le aziende dove ancora si coglie l’opportunità del finanziamento e non quella della transizione: si vede il mezzo ma non il fine e di conseguenza si sfrutta il mezzo per una parte minima del suo potenziale, quella meramente economico/finanziaria.
Certo l’acquisto di un bene a condizioni vantaggiose è un’occasione che fa gola a tutte le aziende. Fare un investimento in beni materiali o immateriali solo perché “c’è l’incentivo” è forse una buona occasione ma non è certo ciò che il piano ambisce a incentivare né ciò che la tecnologia potenzialmente rende realizzabile. Come dire che al supermercato acquisto tutto ciò che è in offerta per approfittare dell’occasione ma senza pensare a come utilizzerò ciò che ho nel carrello della spesa; certo posso cogliere delle occasioni ma devo sapere di cosa ho bisogno.
Questa consapevolezza del bisogno in azienda è una declinazione della strategia. Che sia più o meno formalizzata, strutturata ma che definisca perché l’azienda eccella nel proprio mercato e performi meglio della concorrenza e che sia a sostegno di una visione e una missione aziendali più o meno formalizzate.
Qui troviamo la prima battuta d’arresto: quante aziende hanno una strategia formalizzata? Quante hanno una strategia? Quante hanno un piano industriale?
Partiamo proprio dal piano di Transizione 4.0 che si articola in due filoni: investimenti e formazione che hanno, come riportato dal Mise (3) i seguenti obbiettivi:
Credito d’imposta per investimenti in beni strumentali
Supportare e incentivare le imprese che investono in beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi
Credito d’imposta formazione 4.0
Sostenere le imprese nel processo di trasformazione tecnologica e digitale creando o consolidando le competenze nelle tecnologie abilitanti necessarie a realizzare il paradigma 4.0
La portata della possibile trasformazione delle tecnologie abilitanti è enorme, non a caso l’obbiettivo sulla formazione parla di paradigma 4.0; la viviamo sotto i nostri occhi tutti i giorni: nuovi prodotti, nuovi servizi, nuovi processi, nuove opportunità….. Per questo motivo il piano esplicita in modo chiaro gli elementi cardine del proprio obbiettivo:
- L’investimento funzionale alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi
- Il sostegno al processo di trasformazione:
- Il consolidamento di competenze
- La creazione di competenze
Difficile pensare che un cambio di paradigma sia possibile senza una visione, senza una missione, senza una strategia o che non le metta in discussione richiedendone una revisione. Allora due sono le considerazioni importanti
- la transizione deve nascere da un chiaro intento strategico
- la transizione è facilitata dall’incentivo se questo è un mezzo per un fine più o meno esplicito
E così ci troviamo nell’adozione più o meno efficace delle possibilità offerte dalla quarta rivoluzione industriale:
- Ne ho sentito parlare, dovremmo interessarci
- Acquisto un bene (macchina, software) perché adesso è il momento giusto avendo il credito di imposta. Mi rendo conto che per avere il credito devo interconnetterlo: troverò il modo di farlo
- Ho un piano industriale che definisce la direzione delle attività della catena del valore, la loro evoluzione e gli investimenti a supporto. Colgo le opportunità sia dal punto di vista economico che per riveder e aggiornare il piano nell’ottica della digitalizzazione (più o meno spinta) dei processi
- Ho una strategia che incorpora gli aspetti della transizione 4.0 e digitale
Potremmo definire vari profili e dettagliarli in molti modi, non è questo l’obbiettivo; piuttosto è quello di chiarire come esistano diversi livelli di adozione e di profondità di comprensione, sfruttamento e integrazione delle tecnologie abilitanti e di quali siano gli aspetti salienti per rendere efficace questa adozione. Vediamoli:
- Chi sta a guardare: per mille possibili motivi la conoscenza dell’argomento non è ancora diventata azione. Azione che può essere semplicemente quella di capire qualcosa di più, evitando di credere di poter avviare la Transizione 4.0 nel tempo di un investimento
- Approfittiamo del credito di imposta: può essere una scelta consapevole quella di usufruire di una misura che fa bene ai conti dell’azienda. Se si pensa però di fare industria 4.0 acquistando beni che sono predisposti per questa tecnologia e soddisfando i requisiti minimi per accedere al credito questo è un falso miraggio. L’industria 4.0 non è la macchina connessa al gestionale ma è ciò che questa connessione offre in termini di vantaggi, di processo, di nuovi modi di svolgere le attività. Se ho la macchina industria 4.0 non necessariamente sto facendo industria 4.0
- La gestione del cambiamento. Se esiste un piano industriale sono definite le linee guida di come si evolveranno i processi e gli investimenti necessari al supporto del piano. La misura resa disponibile permette allora di eseguire il piano ma meglio ancora di metterlo in discussione per implementarlo in modo tale che possa sfruttare le opportunità offerte dalla tecnologia. Ho già in mente di avviare dei progetti, ho uno strumento che mi aiuta nell’esecuzione e mi stimola ad un ragionamento
- La visione strategica: per definizione abbraccia tutta l’azienda
- Come essere più competitivo
- In cosa devo eccellere per essere competitivo
- Quali processi
- Quali competenze
- Sistema di governance
La transizione è in atto da tempo e va colta al meglio. Si parla di un cambio di paradigma e allora iniziamo a cambiare la domanda che ci poniamo: non sarà come posso sfruttare gli incentivi dell’industria 4.0 ma piuttosto come la Transizione 4.0 può supportare, diversificando, il business della mia azienda. Questo porterà inevitabilmente ad una riflessione sull’azienda e sul suo approccio al mercato: dove/come ho bisogno di aiuto e in che modalità che in se è già un embrione di ragionamento strategico. Una chiara articolazione strategica è caldamente raccomandabile per moltissimi motivi oltre che per il tema dell’Industria 4.0 seguendo, per esempio, questi passaggi:
- Una chiara articolazione del futuro desiderato per l’azienda
- La consapevolezza dettagliata dei problemi di business più urgenti
- L’identificazione dei processi e delle risorse impattate
- L’approfondimento di quali tecnologie potrebbero offrire soluzioni
Abbiamo già chiarito l’esigenza dei primi due punti. Ragionare in termini di processi è uno degli elementi che permette di sfruttare poi a pieno le opportunità offerte dalle tecnologie più adatte alle esigenze specifiche. Alcuni dei cardini dell’industria 4.0 sono il concetto di interconnessione, la disponibilità e la capacità di analisi dei dati, quindi la possibilità di sfruttarli connettendo beni e persone impattando sui processi esistenti o creandone di nuovi; di fatto creare processi digitali. Per arrivare davvero alla digitalizzazione è necessario avere consapevolezza dei processi esistenti, rivederli e snellirli per inserire con efficacia tecnologia e dati.
Ragionare in termini di processo richiede un’analisi di chi e come svolga le diverse attività e quindi delle risorse e delle competenze, temi molto importanti nella Transizione 4.0: non si può fare un cambio di paradigma basandosi solo sulle competenze esistenti. La necessità di migliorare competenze esistenti e di crearne di nuove è ben chiara fin dal principio dell’Industria 4.0 basti fare riferimento ai numerosi e autorevoli studi in materia come The Future of Jobs (4) del World Economic Forum del 2016 o L’osservatorio delle Competenze Digitali del 2019 di Confindustria (5).
I quattro punti suggeriti possono aiutare la definizione di un piano di Transizione ma non ne garantiscono il successo; secondo uno studio di McKynsey della fine del 2020 il 74% delle aziende (la percentuale era del 70% nello studio precedente del 201/) che intraprendono progetti di Transizione 4.0 rimangono ferme nella fase di progetti pilota senza riuscire a progredire oltre. Una transizione non è cosa da poco, certo alcuni elementi possono aumentare le chance di successo della sua implementazione:
- Un chiaro impegno dei vertici e una forte leadership
- Comunicazione, comunicazione, comunicazione
- Misure e indicatori
- La capacità ed il coraggio di usare i dati per capire, mettere in discussione e prendere decisioni
In poche parole un sistema di Governance della transizione.
Per l’industria la trasformazione 4.0 e digitale non sono più una scelta ma un obbligo. Con il giusto approccio ed una gestione efficace la rivoluzione 4.0 e la trasformazione digitale sono alla portata di tutte le aziende a prescindere dalla loro dimensione e dal loro settore. Il focus sugli aspetti rilevanti per il business, un approccio strategico che punti ad una reale trasformazione, un sistema di governance della Transizione sono necessari per aumentare le chance di successo e costruire un reale vantaggio competitivo.
Riferimenti
1. Osservatorio Transizione Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano https://www.osservatori.net/it/home
2. GLN Global Lighthouse Network www.weforum.org/projects/global_lighthouse_network
3. Mise Ministero dello Sviluppo Economico Transizione 4.0 https://www.mise.gov.it/index.php/it/transizione40
4. The Future of Jobs, World Economic Forum http://reports.weforum.org/future-of-jobs-2016/